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Belo horizonte

ottobre 12, 2009

Belo Horizonte è la capitale dello stato di Minais Gerais e si trova a circa cinque ore di auto da San Paolo (otto ore se si prende l’autobus, un’ora con l’aereo).
Non ci saremmo mai spostati nell’ interior (per i Brasiliani il Brasile è due sole cose: l’interior e il litoral), se non avessimo avuto ad accoglierci là Stefania, una ex compagna delle elementari di Matteo, trasferitasi in Brasile con la famiglia da molti anni.

Belo Horizonte è infatti in primo luogo un centro economico (qui hanno sedi la Fiat, Iveco, Marelli, Google, Brembo freni…) e da vedere c’è poco e quasi tutto riferito all’architetto Oscar Niemeyer. Qui l’architetto ha realizzato un complesso di edifici noti come “complesso Pampulha” e la chiesa di San Francesco d’Assisi, primi esemplari di architettura moderna in Brasile. Tuttavia, grazie alle nostre guide, piuttosto che dedicarci agli aspetti culturali della città, ne abbiamo vissuto il lato “upper east side”: locali, drink, auto e vita in.
Stefania e famiglia vivono in una bellissima villa all’interno di un condominio situato nella parte più alta della città.
Per condominio, in Brasile, s’intende un complesso residenziale chiuso e vigilato, nel quale si entra solo previo riconoscimento. Nei condomini chiusi si trovano ovviamente le case più belle del Brasile: giganti, bianchissime, con giardino, piscina e spazi sportivo-ricreativi per tutti i gusti. Due cose da ricordare: in casa di Stefania si può gettare la carta nel wc e il suo giardino (cui mamma Licia dedica le proprie ore) fatica forse a buttar fuori un’erbetta inglese come si deve, ma sputa quarzo rosa ovunque.
Gli stati arabi, sappiamo, sono ricchi di petrolio;  ciò non significa tuttavia che, piantando un albero in giardino, tu ti imbatta necessariamente in un giacimento di oro nero. Lo stato di Minais Gerais (miniere generali, appunto) è tanto ricco di materie prime che non puoi scavare una fossa per il tuo criceto passato a miglior vita, senza trovare qualche pietra dura. La terra è rossissima, argillosa, ferrosa, fantastica nel suo contrasto con il verde intenso delle colline da pascolo (la zona è altresì famosa per l’allevamento e la produzione casearia).

Terminata la ricca colazione offerta dalla mamma di Stefania, le nostre guide ci portano a visitare Ouro Preto (letteralmente “oro nero”, dal colore della pietra da cui si ricava l’oro). Prima di cedere alle loro naturali inclinazioni (e fare della visita un velocissimo safari in auto), si sforzano di condurci all’interno di una delle numerose chiesette barocche sparse per la città. Sulla volta, l’ascensione al cielo di Maria, una stupenda Maria mulatta.
Qualche passo tra i negozietti della cittadina coloniale è sufficiente per rendersi conto della quantità di gioiellerie presenti; davvero un’esplosione di intriganti trasparenze colorate e preziose. Numerosi anche i manufatti in pedra sabon, una pietra morbidissima che si scalfisce con un semplice punteruolo.
Agli angoli della strada loschi individui ti invitano a guardare la loro mercanzia avvolta in panni scuri. Non si tratta di droga, sono contrabbandieri di pietre preziose. Ci sono luoghi al mondo in cui è più facile spacciare diamanti che marijuana. Ci sono luoghi al mondo in cui ricche signorotte si dedicano (oltre che ai tornei di scala quaranta con i genitori di Stefania) alla confezione di orecchini con zirconi piuttosto che al decoupage. Si fa quel che si può, insomma.
A seguire pranzo con cucina tipica e via, di nuovo, in auto.

L’indomani pranziamo con i genitori e il loro circolo di amici italiani in un ristorante sperduto nella campagna: carne e caipirinha ed una sorprendente pasta come solo in Italia sappiamo fare.
Un ultimo giro per locali prima di prendere l’autobus che ci ricondurrà a San Paolo, sul quale trascorreremo quattordici ore a causa di un incidente in autostrada. Roba che, con quelle ore di viaggio, ce ne tornavamo in Italia a fare un salutino…

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